Certo che “Quelli del Colle” hanno organizzato una bella festa. Tanta
gente, una gara tutta da scoprire e un’organizzazione impeccabile. Gli ingredienti
per una bella giornata di sport ci sono tutte.
Ora tocca a noi.
Oggi faccio la gara “al buio”. Non conosco il percorso, non sono mai stato
al colle. Mi rendo conto subito che quest’angolo di Cagliari è un paradiso. Si,
un paradiso ma quelle salite? Mamma mia Lello cosa ti aspetta!
E quindi che
faccio oggi?…..quindi chissenefrega! Corriamo e basta.
Pochi minuti prima della partenza mi guardo intorno. Incrocio gli occhi di
tutti gli atleti vicino a me. Alcuni, come me sono tesi per una gara, la prima edizione,
tutta da scoprire. Alcuni invece sono sereni e sorridenti. Tra le tante espressioni
di felicità una in particolare mi colpisce. Un atleta accanto a me. Ha la mia
stessa canotta, magro, minuto, occhialini e un sorriso sereno e rassicurante.
Non ho il coraggio di chiedergli nulla, non so che passo terrà per tutta la gara.
Di solito, sfacciato come sono non mi faccio problemi e vado ad importunare
chiunque mi capita a tiro ma oggi ho come la paura di rivolgergli la parola. Eppure
ha una faccia simpatica. Ma si dai, mi affianco in partenza e lo seguo. Al
peggio mi pianto alla prima salita ma, non so per quale motivo, sento di
potermi fidare.
BANG! Si parte.
Per un attimo, con la foga di superare gli atleti più lenti
mi dimentico del mio “pacemaker speciale” e lo perdo di vista. Manco 100 metri
e lo vedo che sta li, poco avanti a me, si volta e mi sorride. Tengo il suo
passo e, anche se il suo sembra più leggero e agile. Quel sorriso, ogni volta
che mi guarda mi rasserena.
Lo conosco dai! Solo che non ricordo di preciso dove l’ho incontrato. Comunque
seguiamolo, e vada come vada.
Sono già affaticato, forse per la partenza un po’ troppo veloce, e la salita
più dura deve ancora arrivare.
In un tratto di discesa mi faccio coraggio: “ciao”. Lui ricambia il
saluto ma non aggiunge altro. Dal suo sguardo capisco però che vuole quello che
voglio io: accompagnarmi per tutta la gara. L’intesa e silenziosa ma eloquente.
Comincia la salita e, al mio primo cenno di difficoltà rallenta e mi spinge a
resistere. In discesa mi aspetta e recupera con me. Nessun cenno a scatti o
cambi di ritmo. E sempre li.
Non lo conosco. O lo conosco? Mah non lo so ma quel
che conta è che mi da una forza che nemmeno io pensavo di avere. E come se
capisse quando era il momento di spingere o di rallentare e recuperare. Una
cosa sola capisco: lui il colle lo conosce come le sue tasche.
Per i primi due giri non sento quasi la fatica. Quel suo sguardo
sorridente, quel suo incedere agile e leggero mi da forza, mi da il coraggio
per non mollare e io, finché c’è lui vicino non mollo di sicuro.
La gara sparisce per incanto. La mia concentrazione e focalizzata, nel suo
incedere leggero, nel suo ritmo regolare, nel suo sorriso.
Ecco che arriva l’ultimo giro. Si sale per quella rampa infernale ed
interminabile. Potrebbe sferrare l’attacco finale ma non lo fa. Mi affianca, mi
incita a resistere, mi tiene il passo in quei tornanti in discesa, manca solo
un kilometro. Sento di averne ancora, incrocio il suo sguardo. Lui, con i suo
sorriso si scansa e mi fa capire che vuole rallentare per farmi passare.
“No Lello! Questa volta la cattiveria dell’agonista lasciala da parte” dico tra me e me.
Niente da fare, il suo cenno è eloquente. Rallenta vistosamente e mi lascia
sprintare.
Taglio il traguardo e non penso al fiatone. Mi volto per cercarlo e lui non
c’è più.
Incrocio gli sguardi di tutti gli atleti arrivati, quelli che sprintano
dietro di me, quelli che sono già al ristoro. Niente, non c’è.
Ma è possibile? Eppure era li, a due passi. Non lo vedo porca miseria! Devo
perlomeno ringraziarlo per l’aiuto ma niente non c’è più.
Non so per quale motivo mi volto verso i tornanti di quella salta. È li
cavolo! Lo vedo affrontare quella salita con lo stesso passo, agile e leggero.
Si volta per un attimo e mi sorride. Riesco a fargli solo un cenno con la mano
per salutarlo. Lui ricambia il saluto e prosegue verso la salita, sempre più in
alto per poi sparire.
Non sono sgomento, non sono stupito, non sono spaventato. Sono sereno.
Quel saluto era rivolto a me, ma anche a tutti quelli che dall’arco del
traguardo lo hanno visto, lo hanno riconosciuto ed hanno corso con lui.
Perché oggi lui guidato ed accompagnato tutti. Dal top runner al
tapascione, dall’esordiente al cadetto.
Chi ha sofferto, lo ha fatto al suo fianco. Chi è caduto, ha mollato in
salita, chi ha frenato in discesa, chi si è fermato al ristoro, chi ha perso e
chi ha vinto, chi ha scordato a casa la canotta, chi ha portato la famiglia,
chi è venuto da solo, chi ha portato la macchina fotografica e chi si è tenuto
le chiavi dell’auto in mano, chi si è abbuffato al ristoro di fine gara e chi è
dovuto scappare a casa, chi la gara l’ha solo vista perché infortunato, chi si è preparato per la gara e chi l’ha solo improvvisata, chi ha fatto il
personale e chi lo ha solo sfiorato, lo ha fatto al suo fianco.
Io personalmente non ho avuto il tempo per ringraziarlo ma so per certo che
ci saranno altre gare, altre sfide, altri allenamenti, altre salite, altre
occasioni per farlo.
Sono sicuro perché d’ora in avanti, ogni volta che metto le scarpe da corsa e la canotta, sarà forse solo per un attimo, ma un po’ di lui correrà con me.
Alla prossima Giancarlo.
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