Boh! facciamo
così: visto che ieri l’altro l'AVIS mi ha salassato 450 cc di sangue a favore di
chi ne ha più bisogno e ho fatto di tutto per recuperarlo abusando di Cannonau
e porcetto, decido di non strapazzarmi ulteriormente e recuperare gamba e fiato
con un rilassante fondo lento su tartan.
Destinazione Stadio comunale.
Non ho bisogno di riferimenti
precisi come faccio di solito in pista. Vado in 6° corsia, senso opposto per
poi ri-invertire la marcia al 6° km.
Giro su giro, come sempre, ho la
mentre altrove. No mi preoccupa il crono, il passo i battiti. Scarico, solo dolce
e rilassante scarico. In campo vedo i bambini della scuola calcio che si divertono un
mondo ad inseguire quella palla.
Ricordo che da bambino andavo a scuola calcio da
solo in bici. Il campo San Leone era una striscia di terra battuta incastonata
nel centro abitato del mio paese. Spalti inesistenti. La partita potevi vederla dietro
una reticella metallica e tre metri dietro un muro di blocchetti, muro di cinta
delle case adiacenti. I più audaci salivano sul muretto per vedere la partita dall’alto.
Lo spogliatoio assomigliava più ad un tugurio buio e fatiscente. Quattro mura
rinzaffate alla meglio con un tetto in onduline d’amianto. Non era il massimo
per la nostra salute ma trent’anni fa non lo sapevamo. L’organigramma
societario era formato da un gruppo di persone appassionate di calcio e di
sport. Lavoratori e padri di famiglia disponibili a sacrificare 6 ore alla
settimana solo per vederci felici correre sul campo. Ricordo che mio padre ogni
tanto, molto discretamente veniva a vedermi. Raramente scorgevo la sua presenza
durante la partita. Lo scoprire che c'era, era per me un motivo in più per impegnarmi a
fare il meglio sia durante l’allenamento che nel campionato esordienti. Spesso
critico su alcune mie giocate, era solito complimentarsi con me più per l’impegno
che per l’effettiva resa in campo. Vincemmo il nostro girone a punteggio pieno.
Quella maglia, acquistata con i pochi soldi degli sponsor e il sacrificio dei
dirigenti era un orgoglio indossarla. Avevamo solo quella e ce la tenevamo
buona per la domenica mattina. L’attrezzatura ufficiale d’allenamento non
sapevamo nemmeno cosa fosse. Avevamo giusto il borsone che con orgoglio
mostravamo ad amici e parenti alla prima occasione. La squadra era “la squadra”.
Rispetto per il mister. i pochi palloni li prendevamo dallo stanzino noi
ragazzini e li riportavamo dentro sempre noi avendo cura di contarli a fine
allenamento.
Trent’anni fa il calcio era uno
sport bellissimo.
Nel frattempo i bambini hanno
finito l’allenamento e lasciano spazio ai ragazzini più grandi.
Durante il mio riscaldamento in
pista mi giro e guardo verso lo spogliatoio. E’ una grossa struttura ben
costruita e rifinita con docce calde, panche per cambiarsi e stanze con dentro
tutta l’attrezzatura necessaria per gli allenamenti. Palloni, coni, ostacolini,
pettìne, cinesini, barriere finte. Insomma di tutto. Un genitore di un bimbo
che frequenta la scuola calcio esce da una stanza e, come un facchino trascina con
una mano una sacca piena di palloni, con l’altra tiene una busta con delle
pettìne alcuni ostacoli e dei paletti da slalom. Contemporaneamente, anzi
qualcuno lo precede, i ragazzini che, facendosi i “cazzi loro” guardano il poveraccio
(ma felice) per un attimo per poi ignorarlo e dedicarsi a “fancazzeggiare”
verso il terreno di gioco. Qualcuno sfoggia delle megacuffie bianche con una b
minuscola, roba da 300 euro a botta (e magari la musica la scaricano da
torrent!).
Oggi amichevole con una squadra
di un paese vicino. L’attrezzatura del facchino? Via indietro tra le risate dei
ragazzini (ma tanto lui è felice così).
Il mister? Al cellulare durante
tutto il riscaldamento prepartita. I ragazzi più che riscaldarsi si pigliano
per culo e a pallonate a vicenda. Qualcuno, al mio passaggio mi osserva con la
faccia della mucca che guarda il treno passare, stupito e interrogato sul
motivo del mio correre. Qualcuno bisbiglia all’orecchio del compagno di squadra
qualcosa mi guarda e sorride. Al mio passaggio cerca di seguire il mio passo.
Quel fare ardito si spegne immediatamente in uno sguardo basso e rassegnato appena
rallento e, senza parlare lo fisso dritto negli occhi.
Fischio d’inizio, chi arbitra? Ma
il facchino naturalmente. Cazziato da un altro dirigente perché non si è
portato il fischietto dietro, torna nello spogliatoio per recuperare il
fischietto tra le risate generali.
Il mister diventa il protagonista
Il suo ego ritiene più importante
scimmiottare Stramaccioni che scimmiotta Mouriṅo con l’abbigliamento, i gesti,
le esultanze. Insomma una scimmia che scimmiotta una scimmia che scimmiotta un
allenatore di calcio. La scena si commenta da sola.
Frasi a caso del tipo “chiudi”, “scala”,
“copri”, “cambia gioco” (che alle fasi di gioco spesso confuse, vi assicuro non
c’entravano nulla) sono il segno evidente che quello che lui recita è solo un
copione. Dei ragazzi in campo e della loro “educazione sportiva” non gli frega
niente.
A bordo campo sulla pista (quindi
in mezzo ai coglioni) alcuni genitori che, in bella vista dei ragazzi
chiacchierano distrattamente con alcuni dirigenti e, sempre in bella vista si
alternano molto gentilmente nell'offrirsi a vicenda una sigaretta dietro l’altra.
Ad ogni passaggio l’aroma inebriante delle Marlboro che si scannano non ha
prezzo. Cerco ogni volta di passare quei 20 metri in apnea.
La discrezione dei genitori, necessaria
per favorire la leadership del mister, non esiste proprio. Il loro interesse
durante la partita e nell'ordine: inveire contro gli avversari, inviti vari ad
entrare sulle gambe, inviti a cadere in area qualora cambiasse solo l’umidità o
la pressione atmosferica, inveire contro il mister per effettuare cambio di
modulo o sostituzioni.
Continuo il mio allenamento e sto
chiudendo il nono km. Senza accorgermi in un turbinio di flashback della mia
infanzia in mezzo al campo alternate alla vista di questa “pantomima sportiva”
aumento il ritmo e infilo un 4:10 e 4:33 negli ultimi 2 Km.
Sono veramente incazzato.
I miei due bimbi frequentano anch'essi
una scuola calcio ma in un altro paese ed affilata al Parma Calcio.
Li sembra tutto diverso.
Anche l’approccio e la leadership del mister è quella che ho conosciuto io da
bambino. Il coordinatore degli allenatori ci ha chiesto gentilmente di non
farci vedere dai bimbi durante l’allenamento. Anche osservando l’atteggiamento
dei bimbi e dei ragazzini più grandi non mi sembra quello dei “fighetti con la
b nelle orecchie” ma di quello ingenuo e divertito simile a quello di trent’anni
fa.
Torno a casa e ripenso al
tugurio, alla maglia piegata nel cassetto e pronta per la domenica, agli
scarpini pieni di fango e agli stinchi viola e tumefatti dalle botte.
Domani pomeriggio devo portare i
bimbi all’allenamento. Li osserverò discretamente lontano dai loro
vista.
Buone corse a tutti.
mai giocato a calcio ... da ragazzo giocavo a pallanuoto sul "campetto" in mare al molo di lerici. Ci si andava a giocare la mattina e la sera anche fuori dagli orari di allenamento , perchè appunto si giocava .
RispondiEliminaIl calcio è uno sport molto divertente. È l'ambiente che gira intorno che non mi piace. Mi diverto di più a vedere i ragazzini che giocano in strada. Ma adesso è cosa rara
RispondiElimina